27 marzo – Giornata Mondiale del Teatro

Oggi, 27 marzo 2016, è la Giornata Mondiale del Teatro.

Una Giornata Mondiale del Teatro inimmaginabile quella che si celebra oggi a causa della grave emergenza sanitaria da Coronavirus che ha bloccato, oltre a tutto il resto, l’intero sistema mondiale della cultura e dello spettacolo, mettendo a rischio la vita di milioni di persone nel mondo.

La Giornata Mondiale del Teatro, fu celebrata per la prima volta nel 1961 su iniziativa International Theatre Institute (ITI). Da allora, ogni 27 marzo, – una data che rappresenta, a sua volta, l’apertura della stagione “Theatre of Nations”, svoltasi a Parigi nel 1962 – la giornata in questione è onorata nelle sue diverse forme, da teatri e centri ITI ( oltre 90!) sparsi in tutto il mondo. La data non implica solo il plauso e l’acclamo del valore attribuito alla forma d’arte teatrale: vuole essere anche un atto di sensibilizzazione a tutti i governi. Questo, affinché le istituzioni riconoscano il valore del teatro non solo come manifestazione artistica ma come mezzo di sviluppo volto alla crescita economica delle Nazioni. Jean Cocteau nel1962, fu il primo ad istituire tale giornata. Gli obiettivi della celebrazione sono:

  • Promuovere l’arte teatrale in ogni sua accezione e forma;
  • Dare consapevolezza alle persone del valore dell’arte teatrale;
  • Sensibilizzazione di istituzioni e governi sull’effettivo valore del teatro.

Dal 1962 ogni anno risuona un unico Messaggio, affidato a una personalità della cultura mondiale per testimoniare le riflessioni vive sul tema del teatro e della cultura della pace. 

Quest’anno l’International Theatre Institute dell’UNESCO ha incaricato il drammaturgo pakistano Shahid Nadeem della scrittura del Messaggio, rivolto alle donne e agli uomini di teatro di tutto il mondo.

Shahid Nadeem, drammaturgo pakistano

Questo il messaggio (Traduzione di Roberta Quarta per il Centro Italiano dell’International Theatre Institute):

“Il Teatro è un Tempio”

“Alla fine di uno spettacolo del Teatro Ajoka (1) sul poeta sufi Bulleh Shah (2), un uomo anziano, accompagnato da un giovane, si avvicinò all’attore che aveva interpretato il ruolo del grande Sufi (3) e gli disse: “Mio nipote non sta bene, per favore, lo benedica”. L’attore rimase sorpreso e gli rispose: “Non sono Bulleh Shah, sono solo un attore che interpreta questo ruolo”. L’uomo anziano gli disse: “Figlio mio, tu non sei un attore, sei una reincarnazione di Bulleh Shah, il suo Avatar (4)”. Improvvisamente si dischiuse davanti a noi un concetto completamente nuovo di teatro, in cui l’attore diventa la reincarnazione del personaggio che sta interpretando. Esplorare storie come quella di Bulleh Shah, e ce ne sono tante in tutte le culture, può diventare un ponte tra noi, persone di teatro, e un pubblico inconsapevole ma entusiasta. Quando siamo sul palcoscenico, a volte veniamo assorbiti dalla nostra filosofia di teatro, dal nostro ruolo di precursori del cambiamento sociale e ci dimentichiamo di gran parte delle masse. Nel nostro impegno con le sfide del presente, ci priviamo della possibilità di un’esperienza spirituale profondamente toccante cheil teatro può offrire. Nel mondo di oggi in cui l’intolleranza, l’odio e la violenza aumentano sempre di più, e in cui il nostro pianeta sta precipitando nella catastrofe climatica, abbiamo bisogno di recuperare la nostra forza spirituale. Abbiamo bisogno di combattere l’apatia, l’indolenza, il pessimismo, l’avidità e il disprezzo per il mondo in cui viviamo, per il pianeta in cui viviamo. Il teatro ha un ruolo, un ruolo nobile, nel dare energia e spingere l’umanità a resistere alla sua caduta nell’abisso. Il teatro può trasformare il palcoscenico, lo spazio dello spettacolo, rendendolo qualcosa di sacro. Nell’Asia del sud, gli artisti toccano con riverenza le assi del palcoscenico prima di salirvi sopra, secondo un’antica tradizione che risale a un tempo in cui lo spirituale e il culturale si intrecciavano. È tempo di riguadagnare questa relazione simbiotica tra l’artista e il pubblico, tra il passato e il futuro. Fare teatro può essere un atto sacro e gli attori possono davvero diventare gli avatar dei ruoli che interpretano. Il teatro ha il potenziale per diventare un tempio e il tempio uno spazio dello spettacolo.”

Note:

(1) Teatro Ajoka: fondato nel 1984. In punjabi la parola Ajoka significa “contemporaneo”. Il suo repertorio comprende spettacoli sulla tolleranza religiosa, la pace, la violenza di genere, i diritti umani.

(2) Sufismo: la tradizione mistica islamica, la poesia sufi, per lo più in musica, esprime l’unione mistica attraverso le metafore dell’amore profano.

(3) Bulleh Shah (1680-1757): un importante poeta sufi punjabi,la cui opera tratta argomenti filosofici complessi con un linguaggio semplice. Fortemente critico dell’ortodossia religiosa fuaccusato di eresia e gli fu negata la sepoltura nel cimitero della sua città. Popolare oltre le contrapposizioni religiose.

(4) Avatar: secondo la cultura indù reincarnazione o manifestazione sulla terra di un maestro divino. 

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