Accadde Oggi: Il 5 gennaio 1984 viene ucciso a Catania il giornalista Giuseppe Fava
05 gennaio 2022 – a cura di Mirko Stefio (segretario Movimento Siciliano d’Azione)
Il 5 gennaio di 38 anni fa viene ucciso a Catania il giornalista Giuseppe Fava fondatore della rivista “I Siciliani”. La Sicilia perse un intellettuale di grande calibro, un uomo che ha anteposto la libertà e l’amore per la sua terra a tutto il resto. Pippo Fava è stato e sarà sempre un esempio di libertà in una realtà ancora purtroppo avviluppata dai tentacoli di logiche mafiose, dalle commistioni tra crimine, politica e imprenditoria. Le denunce di Fava, la sua scrittura arguta e penetrante, le sue opere continuano a parlarci e ci dicono di non abbassare mai la testa dinanzi alla protervia mafiosa. La criminalità organizzata l’ha ucciso ma il suo esempio vivrà in eterno…
Ad assassinarlo è Cosa nostra infastidita dalle sue inchieste su mafia, politica e imprenditoria. Per il suo omicidio sono stati condannati all’ergastolo, in qualità di mandanti il capomafia Benedetto Santapaola e suo nipote Aldo Ercolano, esecutori di un efferato omicidio, forse gestiti da una parte di stato che preferiva controllare la terra siciliana.
Era il 5 gennaio del 1984 ed a quel tempo per i politici la mafia non esisteva… e non esisteva, a Catania, altro giornale che “La Sicilia”, che sicuramente non brillava per cristallina trasparenza morale, per non dire che era colluso con il sistema mafioso.
Nel pomeriggio di quel giorno sicari della mafia assassinarono Giuseppe Fava.
Passano gli anni, ma ancora si assiste a forme di “damnatio memoriae”, di allontanamento sociale, di restrizioni, di ritorsioni professionali per quanti osino denunciare casi di malversazione e illegalità. Chi cerca di sollevare il dubbio, esercitando il libero pensiero o invitando al dialogo, o proponendo percorsi alternativi alle opinioni dominanti dà ancora fastidio…
Proprio per tale ragione va ricordato Giuseppe Fava; va ricordato perché era un giornalista serio e coscienzioso, ma soprattutto va ricordato perché era un libero pensatore.
“Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.”
(Giuseppe Fava)
Fu uno scrittore, giornalista, drammaturgo, saggista e sceneggiatore.
Un personaggio carismatico, apprezzato dai propri collaboratori per la professionalità e il modo di vivere semplice.
È stato direttore responsabile del Giornale del Sud e fondatore de I Siciliani, secondo giornale antimafia in Sicilia.
Il film Palermo oder Wolfsburg, di cui curò la sceneggiatura, vinse l’Orso d’oro al Festival di Berlino nel 1980.
Fava scrisse anche racconti al limite della fantascienza; di questi ci piace ricordare Paradigma, dove il protagonista Paolo è un uomo qualunque che, a sua insaputa, diventa cavia e vittima di un esperimento scientifico. Ibernato per moltissimi anni viene risvegliato dagli scienziati che lo pongono brutalmente di fronte ad una realtà agghiacciante dove il suo mondo, le sue realtà, la sua famiglia non esistono più.
Attento conoscitore della società catanese, anima critica di una struttura che conviveva con i peggiori criminali (negli anni 70 e 80 non era raro vedere mafiosi a braccetto con alti prelati e politici in quella commistione di ruoli tipica dei sistemi di potere dittatoriali…)
Nel dicembre del 1983 Giuseppe Fava partecipò al programma “Film story” di Enzo Biagi. Una puntata monografica sulla mafia registrata il 18 dicembre e andata in onda su Retequattro il 29 dello stesso mese. Rilasciò in quella occasione una intervista in cui confermava le idee che avevano permeato il primo anno di attività editoriale de I Siciliani: “I mafiosi stanno in parlamento […] I mafiosi sono ministri, sono banchieri, sono quelli che sono ai vertici della nazione […] Non sono quelli che ammazzano, quelli sono gli esecutori […]”. È il potere politico, fatto di pensatori e grandi imprenditori, banchieri e capi di partito collusi, la vera mente della mafia. In quell’occasione Pippo Fava proponeva un reset politico-sociale, una Seconda Repubblica.
La sua morte, nonostante i tentativi di depistaggio attuati da pubblici ufficiali e sopratutto dalla stampa locale, fece prendere vera coscienza della gravità del fenomeno mafioso nella città etnea .
Movimenti giovanili universitari e della quiescente società civile catanese nacquero da questa consapevolezza. Per certi versi Catania non fu più la stessa…
È il primo cadavere eccellente di mafia a Catania. Non c’erano stati giudici uccisi, né politici. A quel punto diventava impossibile non affermare che non ci fosse mafia a Catania. Ma a Catania, quella della “sindrome Catania”, niente era impossibile.
Durante i funerali di Pippo Fava, il sindaco Angelo Munzone riusciva a fare un discorso senza mai pronunciare la parola mafia…, e per questo fu sommerso dai fischi indignati della gente accorsa alla funzione.
“La mafia? È ormai dovunque, nel mondo: ma qui, a Catania, no. Lo escludo. Davanti al mondo testimonio che mai pressione o intimidazione c’è stata, in questa parte della Sicilia, in questa città storicamente immune dal cancro che mi dite. Polveroni, chissà da chi ispirati”
[Intervista al sindaco Angelo Munzone su La repubblica, 9 gennaio 1984]
Un funerale, quello di Giuseppe Fava, svolto senza la presenza di una istituzione: nessun ministro, nessun sottosegretario, nemmeno un rappresentante dell’ordine dei giornalisti. Altri politici, come il democristiano Antonino Drago, lanciavano un duro monito: chiudere presto quell’indagine prima che a Catania accadessero “cose gravi”, come la fuga dei cavalieri ormai criminalizzati dalla stampa.

I funerali di Pippo Fava nel paese natale presso la chiesa di San Paolo – Fonte Opera propria – Autore Elyparker
Catania aveva, al tempo, due volti: la gente comune, intontita e turbata dalla tragedia, che era accorsa numerosa ai funerali e si era stretta attorno ai giornalisti di Fava, e la città dei poteri forti e di Cosa nostra, che cercava di seppellire subito quel delitto scomodo, responsabile di aver indebolito gli equilibri della città già messi a dura prova dalla criminalizzazione avvenuta dopo l’uccisione del generale dalla Chiesa.
La mafia è una montagna di merda, gestita dalla politica “Italiadiota”, per sopprimere la libertà di un popolo!
Uccidere un uomo è sempre il peggiore dei crimini; farlo per le sue idee e per nascondere la verità risulta ancora più abietto.
Oggi noi non dimentichiamo.
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