Prof. Massimo Costa: “Il DL 111/21 è il nostro 1938” – La sua Pec al medico curante
(di Massimo Costa)
Il DL 111/21 è il nostro 1938.
Si tenterà adesso una resistenza giudiziaria, senza tentennamenti, ma anche senza illusioni.
Nel frattempo il mio medico curante dovrà assumersi, anche con il colpevole silenzio, le sue responsabilità.
Penso di mandargli questa PEC.
«Egr. Dottor F. M.,
come ben sa ad oggi non esiste alcun obbligo di legge alla vaccinazione anti Covid19. Diciamo, con un eufemismo, che questa è soltanto “fortemente” consigliata.
Per varie ragioni, che non mette conto qui richiamare, avvalendomi di questa libertà che formalmente lo Stato ancora teoricamente mi lascia, e che peraltro è apparentemente garantita dal Regolamento Europeo n. 953/2021, che vieta espressamente ogni discriminazione nei confronti delle persone che “hanno scelto di non vaccinarsi”, oltre che dalla Risoluzione del Consiglio d’Europa n. 2361/2021, che dovrebbe essere “sacra” come lo sono tutte le risoluzioni in materia di diritti umani, io ho deciso di non procedere a questo trattamento sanitario.
Non sto, con questo, dicendo, né mi competerebbe, professionalmente o giuridicamente, che il trattamento in parola sia inefficace o pericoloso. Non intendo neanche aprire con Lei una discussione del genere, che ritengo del tutto ultronea rispetto alla materia del contendere, squisitamente giuridica.
Dico semplicemente che qualunque “consiglio” medico deve passare nel nostro ordinamento attraverso il cosiddetto “consenso informato”, stabilito dal Codice di Norimberga, e al quale si possono fare soltanto mirate eccezioni, e solo per via di legge, come nel caso ad esempio dei TSO alle personi incapaci di intendere e di volere. Finché lo Stato mi lascia libero di decidere, io ho il diritto di non rendere conto a nessuno delle mie ultime decisioni.
Posta questa premessa, come ben sa, il Decreto Legge n. 111/2021, ha introdotto un generalizzato obbligo di vaccinazione per i docenti universitari, sia pure in maniera surrettizia.
Chiedendo infatti la cd. “certificazione verde” per l’accesso alle strutture universitarie e non essendo pensabile di poterla conseguire, se non per un periodo del tutto transitorio, a mezzo di continui test diagnostici (“tamponi”) ogni 48 ore circa, ciò equivale all’obbligo cd. “indiretto”, cioè appunto quello stigmatizzato dalla superiore risoluzione del Consiglio d’Europa e dal sopra citato Regolamento europeo.
Le considerazioni di “utilità pubblica” poste alla base di questo obbligo sostanziale, peraltro in aperta violazione dell’art. 32 della Costituzione che lo vorrebbe introdotto soltanto a mezzo di legge del Stato e in via diretta (e non “surrettizia” come quella disposta nel suddetto decreto), non competono né alle mie “volgari” opinioni, né a quelle competenti sue né a quelle di qualsivoglia organismo tecnico, giacché l’interesse pubblico è demandato unicamente al legislatore. Questo, e nessun altro, è chiamato a determinare se vi sono condizioni tali da derogare al generale principio del consenso informato. E il legislatore, ad oggi, anzi il legislatore sovraordinato, quello europeo, ha deciso altrimenti rispetto a quello statale ad esso subordinato. Non parliamo quindi qua né di fatti scientifici (le cui conseguenze giuridiche spettano unicamente al legislatore), né di complessiva costituzionalità dell’intervento legislativo (da affrontare nelle sedi competenti e non certo da noi), ma unicamente di questa inoppugnabile condizione di fatto: dal 1° settembre p.v. lo scrivente, se non vuole sospendere a tempo indeterminato il proprio rapporto di lavoro dal quale dipende la propria sussistenza, DEVE procedere obbligatoriamente alla vaccinazione.
Apparentemente non è così, perché le norme transitorie della mia Amministrazione (l’Università degli studi di Palermo), le quali consentono una forma a distanza nella sessione autunnale di esami e di didattica mista nel I semestre a.a. 21/22 (nella quale potrei ad personam ritagliarmi uno spazio transitorio), unitamente al fatto che il DL scade il 31 dicembre 2021, sembrerebbero non pregiudicare alcunché né mettere a repentaglio la mia retribuzione.
Ma si comprende benissimo che la norma, come già con lo “stato di emergenza” con cui è stata “sospesa transitoriamente” la nostra Costituzione a far data dal 31 I 2020, nel contesto attuale è fatta per durare potenzialmente a tempo indeterminato, attraverso continue dilazioni e rinnovi, mentre la possibilità teorica che, alla “fresca” età di 54 anni, io possa rifiutare questo trattamento sanitario unitamente allo stipendio, e cercare di trovare una nuova attività, quando ormai lo stesso trattamento è chiesto praticamente dappertutto, è appunto soltano una ipotesi puramente teorica, ed aggiungerei ipocritamente messa là per fingere un “consenso”, in realtà inesistente.
Il “consenso” in parola è ovviamente oggetto di ricatto ed estorsione – mi assumo la piena responsabilità dei termini che sto usando in questa occasione – e quindi è semplicemente formale, inesistente, nullo. Ciò sarà fatto valere, se ancora esisterà in questo regime una magistratura capace di giudicare in maniera indipendente dai gruppi di potere che si sono impadroniti della Cosa Pubblica, nelle sedi opportune.
Per quanto la riguarda più da vicino, invece, con la presente, visto il sostanziale obbligo di sottopormi ad una terapia ancora riconosciuta come sperimentale, con l’aggravante che l’esperimento NON è soggetto ad un processo di sorveglianza attiva, non è monitorato nel medio-lungo termine, e quindi resterà tale anche quando, nel 2023/24 se ne decreterà in modo puramente ufficiale la definitività,
LE CHIEDO FORMALMENTE,
di prescrivermi intanto un esame sierologico preventivo per conoscere il mio attuale titolo anticorpale al fine di valutare il rischio di reazione avversa (ADE) alla trattazione obbligatoria in parola, di rilasciare una certificazione analitica in cui, conoscendo il mio quadro sanitario analitico e storico, anche a mezzo di successivi accertamenti e analisi che Ella vorrà disporre, tenendo conto che (non ricordo se la relativa documentazione in oggetto è nella sua disponibilità) soffro di …<OMISSIS>, attesti che, allo stato delle conoscenze disponibili sul mio stato di salute complessivo e degli accertamenti effettuati e/o da Lei prescritti, si ritiene estremamente improbabile l’insorgenza di qualunque reazione grave nel breve, medio o lungo periodo, e quindi l’assenza di ogni e qualsiasi controindicazione contro il trattamento sanitario cd. “vaccino anti Covid19” al quale sono attualmente costretto sotto minaccia e violenza morale da parte dello Stato italiano.
La mancata risposta alla presente entro 30 giorni dalla sua spedizione sarà interpretata come “rifiuto di certificazione” e sarà usato come tale in ogni sede di giudizio competente.
La ringrazio.
Prof. Massimo Costa»