V. Mannello: “Il Draghi furioso”

18 febbraio 2022 – di Vincenzo Mannello

“Battuto 4 volte di fila in Commissione Bilancio ed Affari costituzionali, il governo esce a pezzi da una notte di urla, spintoni e caos nelle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera tanto che il premier Mario Draghi convoca i capidelegazione di maggioranza per una strigliata che sa di ultimatum: o mi garantite i voti o così il governo non può andare avanti, ha detto in sostanza nella riunione a palazzo Chigi”(ANSA)
Così l’Ansa ha comunicato quale sia lo stato d’animo del Capo della giunta dittatoriale capital-comunista (per come la vedo io, non obbligando nessuno a darmi ragione) a fronte dello “sgarbo” ricevuto dal fronte dei partiti (e dei relativi satrapi) che lo sostengono.
(n.d.r.: puoi leggere la notizia anche QUI)
Ovviamente “prima” è andato a “consultarsi” con il suo mentore Mattarella che, secondo alcune fonti, sarebbe proprio quello che si è incazzato maggiormente per l’affronto subito dal governo.
Sarà stato chiaro agli interessati il semi-ultimatum che proviene dal Colle e dal presidente del consiglio? Dipende…
Approfitto dell’occasione per levarmi un sassolino: all’atto della rielezione plebiscitaria di Mattarella, tra scene di giubilo mistico nell’aula di Montecitorio, in televisione e nelle redazioni dei giornali del regime…, grazie alla pluralista disponibilità di chi mi ospita su internet, ho fatto presente che quanto accaduto segnava la sconfitta di Mario Draghi.
“Fatto fuori” dai partiti, e da satrapi che non hanno assolutamente il controllo delle proprie truppe in aula (vedi: https://cataniacreattiva.it/v-mannello-draghi-fallisce-la-scalata-al-colle/), facevo notare come il Capo (della giunta) non la avesse presa affatto bene e che la cosa avrebbe avuto ulteriori conseguenze.

Quello di ieri è il primo segnale del nervosismo sia da parte di chi comanda (e vuole comandare quasi da solo) sia dei vari componenti i partiti (segretari ed affiliati vari).

Difficilmente il “supervisore al Colle” tollererà ribellioni troppo spinte che possano mettere in discussione la esistenza del governo e lo scioglimento delle Camere.
Peraltro questo esito non converrebbe a nessuno dei partecipanti al tavolo del potere e neppure alla blanda (e formale) opposizione della Meloni.
Resta il piccolo dubbio proprio sulla tenuta di Draghi stesso. Infatti, sapendo che (al massimo) arriverebbe a poter guidare un governo formato dagli stessi partiti usciti dalle elezioni del 2023,  riuscirà a tenere a freno la sua naturale predisposizione a “comandare da solo” (si fa per dire, tutto è in proporzione) o si ritirerà sdegnosamente sull’Aventino, in attesa di collocazione?
Lo capiremo meglio in seguito, resta il fatto che per quella parte (minoritaria) di italiani che subiscono la dittatura (senza riuscire ad arginare nessuna delle vessazioni inflitte) poco importa chi sia a decidere cosa, perché non c’è alcuna differenza sostanziale tra un Mattarella ed un Draghi o tra un Letta ed un Salvini ( e via di seguito…).
“Morto un presidente, se ne fa un altro”,  la sonata non cambia… se non si riesce a cambiare il sistema!
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